Sempre più spesso capita che in occasione di funerali, specie se di ragazzi, sulla bara venga deposta la maglia o la sciarpa della squadra del cuore.
Il tifo calcistico si sta configurando sempre più come una religione. Frasi del tipo: “la tal squadra è una fede, non si contesta, si ama” sono sempre più diffuse.
Quando ci si ritrova di fronte a qualcosa che non capiamo, che ci fa paura, che ci lascia sconcertati, come ad esempio la morte, è naturale rivolgersi a qualcosa che può darci conforto o speranza.
La morte di una persona cara ci costringe a fermarci a riflettere. Ci rendiamo conto di quanto siano inutili tante delle cose che riempano la nostra vita e ci si raccoglie di fronte all’essenziale.
Oggi, per un numero sempre crescente di persone, l’essenziale è il tifo per una squadra di calcio.
Da qui si comprende come sia possibile continuare a tifare e mostrare lealtà per un mondo pieno di marcio come quello del calcio dopo gli scandali della scorsa estate.
Ed ecco che le guerriglie urbane da stadio diventano le nuove guerre sante.
Io rimango ateo.
Non voglio avere altri dei al di fuori di Gesù.
Non voglio lasciare a qualcuno il controllo della mia vita in cambio di panem et circenses.
Non voglio che la mia felicità dipenda da quello che succede in un campo di calcio lontano.
Voglio distinguere la Fede dallo Sport.