Ormai il “Caso Welby” è uscito dalle cronache dei giornali da un po’. Lo commento solo oggi perché mi sono preso un po’ di tempo per pensare.
Nel gran casino mediatico che ha suscitato mi ha colpito una cosa, comune a tutti i nostri politici, sia quelli che criticano che quelli che difendono la sua scelta. Tutti, senza eccezioni, sanno perfettamente cosa è giusto.
Io invece ho tanti dubbi, tante domande e pochissime risposte.
Mi torna in mente un brano del Vangelo (Mt 23, 2-4):
Gli scribi e i farisei siedono sulla cattedra di Mosè. Fate dunque e osservate tutte le cose che vi diranno, ma non fate secondo le loro opere; perché dicono e non fanno. Infatti, legano dei fardelli pesanti e li mettono sulle spalle della gente; ma loro non li vogliono muovere neppure con un dito.
Io sono convinto che sia sbagliato togliersi la vita, ma io non soffro come soffriva Welby. E se anche un giorno mi trovassi nelle sue stesse condizioni avrei la forza di essere coerente con le mie idee?
Spero e prego di si.
Ho molto apprezzato le parole che un’altra persona con una malattia simile, ha scritto a Welby. Ho sentito la sua lettera al telegiornale e non riesco a ricordarne il nome. Questa persona diceva di essere comunque felice nelle sue sofferenze perché intorno a se aveva persone che gli volevano bene.
Non è giusto uccidersi per non soffrire come non è giusto obbligare altre persone a soffrire. Sono contento di non essere al posto di quei politici chiamati a prendere una decisione in merito.
Un esempio lo trovo nelle parole del Filosofo. Queste sono le ultime parole dettate da Epicuro prima di morire. Ne ammiro la forza, quella che vorrei avere io, e la serenità.
Epicuro ad Ermarco, salute: volgeva per me il supremo giorno e pur felice della mia vita, quando questo ti scrivevo. Così acuti erano i miei mali della vescica e dei visceri, che più oltre non poteva procederne la violenza. Pure ad essi tutti s’adeguava la gioia dell’animo, nel ricordare le nostre dottrine e le verità da noi scoperte. Ora tu, come si conviene alla buona disposizione che fin dalla prima adolescenza mostrasti verso me e la filosofia, abbi cura dei figli di Metrodoro.