Qualche giorno fa ho visto il film che si è imposto come caso cinematografico dell’anno. Un vero mattone, ma ne ho tratto alcune considerazioni che voglio condividere con i più temerari dei miei già fin troppo pazienti lettori |
1) Il Re è nudo.
Ovvero il film è veramente palloso e non sa di niente. Tutti lo pensano, nessuno ha il coraggio di dirlo.
2) Serenità
Alla fine dell’interminabile proiezione rimane un senso di serenità. La spiritualità dei monaci in qualche modo raggiunge il cuore degli spettatori, ma senza passare per il cervello, che non capisce cosa sia successo.
3) E la fraternita?
I monaci mangiano soli. Difficilmente condividono le loro esperienze. Solo una volta alla settimana pranzano insieme, fanno una passeggiata e chiacchierano in libertà.
Da francescano faccio fatica ad entrare in quest’ottica.
S. Francesco, anche nei momenti di eremo, mandava i suoi frati in quattro, due pensavano alle cose di Dio e due si prendevano cura delle esigenze materieli degli altri.
La fraternità, il condividere le cose belle e quelle brutte, il mettere il fratello avanti a se sono momenti importanti della vita e della spiritualità del francescano, dalle suore di clausura ai missionari, dai giovani della Gifra fino al Padre generale.
Guardando Il Grande Silenzio avevo come l’impressione che mancasse qualcosa.
4) Vocazione elitaria.
Gianni Gennari, commentatore religioso di Radio 1 ha definito la vocazione monastica come la più elitaria della Chiesa.
Penso che stia tutto in queste semplici parole. Sono solo pochissime persone ad essere chiamate a quel tipo di vita così solitaria. Non c’è contraddizione tra la loro vita e la nostra. Sono due cose diverse, spesso complementari.